La Villa Arianna, costruita in splendida posizione panoramica sulla collina di Varano, fu individuata ed esplorata, in gran parte, in epoca borbonica in due fasi (1757-1762 e 1777-1778), prima sotto la direzione del Weber e poi del La Vega, con esplorazioni tese al recupero delle decorazioni pittoriche e delle suppellettili che andarono ad arricchire la collezione reale prima nel Palazzo Reale di Portici e poi al Museo Nazionale di Napoli.
Le aree esplorate venivano successivamente reinterrate, dopo aver realizzato precise planimetrie delle strutture scoperte. La villa è stata riportata parzialmente in luce a partire dal 16 febbraio 1950, grazie alla tenacia di Libero D’Orsi che scavò, questa volta definitivamente, gli ambienti lungo il ciglio della collina, per un’area di circa 3000 mq.
Oggi la Villa Arianna presenta una pianta molto articolata sia perché frutto di successivi ampliamenti sia perché le strutture si adattano e seguono la morfologia della collina.
Il nucleo originario, risalente agli inizi del I sec. a.C., oggi in parte reinterrato, era costituito dall’asse ingresso-peristilio-atrio, secondo una disposizione che rispecchia i precetti vitruviani, che volevano le dimore suburbane organizzate secondo la successione peristilio-atrio.
L’atrio era preceduto da un cortile porticato, intorno al quale c’erano una serie di piccoli ambienti, a noi noti grazie ai rilievi planimetrici eseguiti durante lo scavo borbonico, probabilmente utilizzati come cubicula. Da questi furono distaccate pitture famose per lo stile e le particolari caratteristiche, come la Flora, la Leda col cigno, la Venditrice di amorini.
L’area occidentale della villa è occupata da stanze panoramiche e dagli ambienti di servizio: la cucina con il tipico bancone in pietra per la cottura ed il quartiere termale, formato da calidarium, praefurnium, ovvero un grande forno in cui si produceva aria calda ad altissima temperatura e laconicum, la sauna romana.
Nel corso del I sec. la villa fu ampliata con una serie di ambienti di rappresentanza, situati in posizione panoramica sul ciglio della collina con ampie finestre affacciate da un lato sul Golfo e dall’altro sulle vedute dei Monti Lattari e preceduti, originariamente, da una terrazza, oggi franata, con portico. Tra questi ambienti si distingue l’ampio triclinio, conosciuto anche come il salone di Arianna, dall’affresco che decorava la parete di fondo e che poi ha dato il nome alla villa: il quadro raffigura Arianna abbandonata da Teseo a Nasso, che dorme tra le braccia del Sonno e scoperta da Dionisio. Le pareti laterali erano decorate da quadri centrali, tutti raffiguranti miti accomunati dall’infelice destino dei protagonisti: il giovane Ippolito, vittima dell’amore di Fedra e la ninfa Ambrosia, uccisa da Licurgo.
Vi è poi un quartiere formato da quattro stanze servite da un corridoio, che potrebbe essere considerato il quartiere residenziale utilizzato dai proprietari della villa per la stagione estiva in quanto aperto verso il mare e con le stanze interne aperte con finestre sui Monti Lattari. Di seguito vi è un gruppo di ambienti panoramici aggiunti alla villa durante l’ultimo ampliamento per collegarla con un altro edificio, a cui appartiene il grande peristilio che fu inglobato in Villa Arianna. Quest’ultimo, attualmente scavato solo in parte ma già esplorato nel 1777, aveva un perimetro di 104 x 81 metri, pari ad un circuito di due stadi romani, cioè alla lunghezza attribuita da Vitruvio ai portici delle palestre.
La villa era collegata al pianoro sottostante attraverso una serie di rampe che permettevano di raggiungere gli ambienti residenziali e il settore rustico dove nel 1981 sono stati scoperti un cortile con in resti di due carri destinati probabilmente al trasposto di merci e prodotti agricoli e una stradina di collegamento con l’arteria di traffico maggiore.
All’estremità opposta, la villa termina con un alto muro di recinzione che la separa da un’altra villa, il cosiddetto Secondo Complesso, anch’esso parzialmente in luce.
Il Secondo Complesso è separato dalla villa Arianna da uno stretto vicus sul quale si aprono alcune finestre. Parte degli ambienti, situati sul bordo della collina, è franata a valle.
Dalla pianta generale della villa, redatta dal La Vega in epoca borbonica, si evidenzia che il lato meridionale del peristilio era chiuso e presentava un finto porticato. Alle spalle di questo muro si sviluppava il quartiere termale, comprendente il calidarium, il tepidarium e forse un laconicum; accanto al settore termale era situata la cucina. La villa si compone di una parte più antica che si articolava intorno al peristilio ed una parte successiva, che può essere considerata come un ampliamento o, forse più probabilmente, come la fusione con un diverso edificio preesistente.
La decorazione del nucleo antico della villa è quasi del tutto scomparsa; nell’area nord occidentale, invece, le pareti sono ben conservate e presentano una decorazione a fondo nero. I pavimenti del complesso sono stati in gran parte portati via nel corso degli scavi borbonici ed inseriti nei pavimenti di alcune sale del Real Museo Borbonico, oggi Museo Nazionale di Napoli.