La Villa San Marco, che prende il nome da una cappella che sorgeva nei suoi pressi nel 1700, si distende sull’area nord-orientale della collina di Varano, a circa 50 metri sul livello del mare.
Fu la prima villa ad essere esplorata in età borbonica negli anni compresi tra il 1750 e il 1754, quindi, spoliata degli affreschi e delle suppellettili meglio conservati, fu riseppellita dopo che le sue strutture furono rilevate dall’ingegnere Karl Weber.
Al momento dell’eruzione del 79 d.C. nella villa erano in corso lavori di restauro dovuti ai danni causati dal terremoto del 62 d.C. e, più probabilmente ai fenomeni sismici che precedettero l’eruzione.
La villa rientra nella categoria delle ville urbane residenziali in quanto in essa si fondono le caratteristiche della domus di città e dell’abitazione di villeggiatura.
La superficie globale del complesso è di 11.000 mq., di cui 6.000 in luce e si presenta articolata in cinque nuclei: quartiere del vestibolo e dell’atrio con annesso quartiere di servizio, quartiere termale, area del peristilio, area del loggiato superiore, ingresso monumentale sul decumano (attualmente interrato).
L’ingresso della villa immette nell’atrio, dove il tetto aperto è sorretto da quattro colonne ioniche: su di esso si aprono il larario, l’altare della casa in onore dei Lari, che aveva un ruolo centrale nella vita delle famiglie romane, quattro cubicola ovvero le stanze da letto delle persone che vivevano effettivamente nella villa e una scaletta che conduce al piano superiore, probabilmente destinato ad ambienti servili.
Il suo primo ingresso, noto grazie ai rilievi eseguiti dal Weber, consisteva in un ampio cortile circondato su tre lati da un porticato formato da pilastri. Dal lato occidentale si accedeva al tablino mentre sul lato meridionale si aprivano una serie di ambienti, tutti di dimensioni simili, molto limitate, forse utilizzati come celle o magazzini. Nell’angolo sud-occidentale del porticato c’era un unico grande ambiente al cui interno sembrerebbe essere stato ricavato un piccolo stanzino.
Dall’atrio si accede alla cucina e a un ampio corridoio con larghe finestre che danno su un piccolo giardino triangolare, viridarium, che conduce al quartiere termale, la zona più privata della casa. Quest’ultimo, di notevoli dimensioni comprende il frigidarium, per i bagni in acqua fredda, il calidarium, destinato ai bagni in acqua calda e ai bagni di vapore e il tepidarium, per i bagni in acqua tiepida. L’ingresso è costituito da un piccolo atrio decorato con scene di amorini lottatori e pugili. Il calidarium, con una grande vasca originariamente rivestita di marmo, era il principale bagno caldo della zona termale: quasi il suo intero meccanismo si è conservato in questa villa. L’intera superficie era coperta da cemento impermeabile all’acqua ed era riscaldata da una caldaia disposta al centro la quale veniva continuamente rifornita di legna dagli schiavi. Un bagno caldo nella propria villa era uno degli strumenti di cui il padrone potesse disporre per impressionare i clientes; esso aveva un sistema di porte doppie per trattenere l’aria calda all’interno e tenere fuori l’aria fredda. Accanto al frigidarium e al calidarium c’erano la palestra interna coperta e il tepidarium, il cui pavimento era sostenuto da suspensurae, ovvero pilastrini di sostegno, per il passaggio dell’aria calda.
Da qui si accede alla parte più spettacolare della villa, un ampio giardino porticato ombreggiato da quattro file di platani che ripetono la posizione di originari platani antichi ed una piscina centrale lunga circa 30 metri. Sui tre lati del giardino vi è un portico colonnato, le cui pareti sono decorate da un alto zoccolo nero con al di sopra piccoli riquadri di ville marittime e scene di giardini segreti, molti dei quali sono stati staccati nel XVIII secolo dai Borbone. In fondo al peristilio si trovano alcuni ambienti di soggiorno, splendidamente affrescati e aperti con larghe finestre.
Un’incredibile caratteristica di questa villa è che, dopo l’atrium, non ci sono stanze da letto private: era una sorta di parco di divertimenti, attrezzata con giardini, piscine e tantissime stanze splendidamente decorate per conversare e riposare.
L’ultimo settore della villa è costituito da un ampio peristilio: un grande giardino con vista sul mare, circondato da un portico decorato con alcuni tra gli affreschi più belli fra quelli conosciuti del tempo dei Romani. Le pareti oggi conservano in situ poche tracce dell’originale decorazione, perché la maggior parte degli affreschi è stata spostata nei depositi dell’ Antiquarium Stabiano.
Se il tema principale delle pareti era rappresentato dall’amore, il soffitto invece era decorato in maniera particolarmente complessa, articolata e ricca: una serie di grandi quadri mitologici erano incorniciati da ricchissime fasce, al cui interno trovavano posto motivi floreali, motivi architettonici e fantastici.
La villa, in origine, era collegata all’impianto urbano attraverso un ingresso monumentale che si affacciava sul decumano, scavato nel Settecento rilevato e interrato.
Attualmente la possibilità di riportare in luce parte di questo settore costituisce un elemento fondamentale per una definitiva riorganizzazione dell’area archeologica.